Una riflessione interessante che ho sentito all'annuncio di Pasqua di quest'anno, circa la discesa di Gesù, la Kenosis, l'umiliazione del Figlio di Dio, trattato come un peccatore, che prende su di se il peccato, l'effetto del peccato dell'uomo, pur non essendo egli stesso peccatore.
Il peccato è fondamentalmente un atto contro Dio, di separazione da Dio, di affermazione della divinità (fasulla) della creatura contro la divinità (vera) di Dio. Un atto di negazione del Dio vero, per l'affermazione di un falso dio sostitutivo.
L'effetto del peccato è la separazione da Dio, la separazione tra Dio e la creatura, insanabile da parte della creatura per effetto della divinità di Dio.
Ho pensato questo (forse un pensiero non teologicamente corretto...): Gesù ha preso su di sè l'effetto del peccato, cioè la separazione da Dio, ma essendo Gesù Figlio di Dio, e lui Dio stesso, penso questo abbia voluto dire subire una frattura nella propria natura, una divisione dell'essere ed una divisione dal Padre, da colui con cui Gesù ha vissuto in comunione tutta la vita, come una cosa sola (come dice il vangelo di Giovanni).
Questa idea mi faceva pensare alla preghiera nell'orto degli ulivi, a quell'angoscia che Gesù prova, forse per questa frattura e la conseguente assoluta solitudine, in cui per la prima volta vive, nel momento in cui accetta la volontà del Padre (non la mia ma la tua volontà).
Mi faceva anche pensare alla preghiera del salmo 21 sulla croce, mio Dio mio Dio perchè mi hai abbandonato...come un atto di volontà simile a quello che accade nella notte oscura della fede di molti santi...Tu mi ha risposto, annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all'assemblea...i poveri mangeranno e saranno saziati...e io vivrò per lui, lo servirà la mia discendenza..al popolo che nascerà diranno: ecco l'opera del Signore!
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